Molti protagonisti del rinascimento del vino bianco ci hanno lasciato: Mario Schiopetto, Douglas Attems, Luigi Veronelli. Ma il nostro Collio si fa sempre più bello. Le vecchie ferite si stanno rimarginando e, a differenza di quanto spesso avviene con gli edifici, i vigneti nuovi sono più belli di quelli vecchi.
Ma i viticoltori, artefici e custodi di questo territorio, continuano a essere tenuti sotto assedio. Sembra che la società civile alleata spinga nell’intento di togliere il controllo dei vigneti ai contadini.
GLI URBANISTI, dopo aver spesso fallito nella conservazione dei centri urbani del più bel paese del mondo, hanno messo le mani sui campi. Per fare un vigneto bisogna ottenere una costosa concessione edilizia ai sensi di piani urbanistici che spesso pongono ostacoli insormontabili a chi volesse realizzare un buon lavoro. Il progetto del vigneto non può farlo il vignaiolo o il suo agronomo, ma un geometra, un geologo o un architetto che poco o nulla sanno delle esigenze d’una pianta.
GLI INDUSTRIALI DEL VINO, spesso alleati alla Unione Europea e alla Burocrazia Italiana, spingono per affossare la forza delle denominazioni come quella del Collio. Preferirebbero uve anonime da comperare a ribasso su bacini sempre più ampli e lucrare con griffe aziendali. Hanno interesse a tagliare quel filo che lega il vino alla vigna che è la dignità del vignaiolo.
CERTA STAMPA ITALIANA ha capito che più si sconvolgono le idee ai consumatori, più i produttori saranno dipendenti da essa. Ecco ricomparire i vini dell’ancien régime, quelli in cui la tecnologia di cantina, moderna o antica che sia, cancella il carattere della vigna, punto di partenza dell’emancipazione del vignaiolo.
I “PROFESSORI” da Conegliano si sono spostati a Udine e sono diventati talmente bravi da mappare il genoma della vite, così da agevolare le multinazionali che volessero imporre cloni geneticamente modificati uguali per tutti, buoni per soppiantare i vigneti storici e le antiche varietà.
I BUROCRATI, negli uffici di Bruxelles e in quelli di Roma, si sono fatti onnipotenti al punto da creare con le loro leggi una realtà virtuale che prima non esisteva, realizzando così un miracolo, che come ogni miracolo, intende sovvertire le leggi di natura. Sentendosi sempre più simili a Dio, si prodigano a creare un mondo a loro immagine e somiglianza dipinto del colore grigio dei loro uffici.
NOI stiamo cercando di decifrare l’immenso libro del Collio, zeppo di informazioni, il cui primo capitolo fu scritto decine di milioni di anni fa sulle marne e arenarie che sedimentarono nei fondali di una laguna - da cui le colline attuali - e i cui capitoli successivi furono scritti dalle moltitudini di uomini che abitarono e lavorarono vivendo in simbiosi con questa terra. L’obiettivo è di dare parola a queste colline e al lavoro che vi si è stratificato, per la gioia di chi, a differenza di una restaurazione cieca e sorda, disponga della lingua per intendere. Nel procedere ci siamo accorti che inconsapevolmente ricreiamo quella “forma” del paesaggio già citata. Così che l’innovazione tesa a strappare profumi e sapori unici dal nostro Collio genera una coerenza estetica, di forme e persino di colori, della terra coi vigneti e con gli edifici. E nell’innovare spesso ritroviamo i fili strappati del passato, e procedendo riproduciamo nel paesaggio quella bellezza antica, perché forse necessaria a un’idea moderna di qualità.
Brazzano, maggio 2007
Nicola Manferrari