Chi viene a trovarci scopre il Collio molto bello. Perché questo Collio ha preso la “forma” attuale? La presenza della vite è antica ma il paesaggio nel lontano passato era sicuramente diverso. La terra fu coltivata da contadini e soprattutto da affittuari e coloni essendo il latifondo quasi mai condotto direttamente. Dunque, furono costoro a dissodare le colline e a dar loro una forma. Il fondo aveva un’economia chiusa. Dopo aver pagato il signore, quel che rimaneva era per la sussistenza della famiglia e il vino rappresentava praticamente l’unica “liquidità”. Il mondo agrario era culturalmente autosufficiente, le sofisticate conoscenze necessarie alla coltivazione e all’allevamento si producevano al suo interno e si tramandavano oralmente.
Tuttavia la viticoltura è sconvolta nella seconda metà dell’ottocento. Oidio, peronospora e soprattutto fillossera, terribili malattie giunte dall’America, minacciano a morte la coltura della vite. Il mondo rurale non basta più a se stesso. Un signore, passeggiando nei dintorni di Bordeaux, osserva che le viti dei filari di bordo trattate con solfato di rame e calce con il fine di rendere amare le uve per chi le volesse rubare, non si ammalavano. Si scopre il rimedio per la peronospora, ma il contadino lo deve comperare. La fillossera, un insetto che punge le radici, porta a morte il vigneto europeo. S’affaccia l’idea d’innestare la vite europea sulla radice di vite americana che adattata al parassita è resistente. I contadini imparano a innestare le viti in campo, ma la produzione della barbatella si specializza e si sposta nei vivai.
Ecco che il mondo esterno diventa determinante per il fondo. La ricostruzione postfillosserica inizia nel Collio sotto l’Austria, nel Friuli orientale sotto l’Italia. Infatti l’antico confine di stato era sito sul fiume Judrio a 500 metri dalla nostra cantina. Evidentemente l’Austria tiene alla viticoltura, già che fonda a sud delle Alpi tre centri di eccellenza specializzati nell’insegnamento e nella ricerca: San Michele all’Adige, Parenzo e Gorizia.
E’ bene fare un passo indietro. Nel Settecento Parigi e Vienna decretano le mode d’Europa e il vino non ne è esente: dove si parla tedesco il vino è bianco. Così la ricostruzione postfillosserica iniziata sotto l’influenza austriaca fa del Collio una zona da bianco. Inoltre la selezione dei vitigni e la scelta d’innestare su piede americano pone le basi per una viticoltura moderna. Sull’altra sponda del fiume Judrio, nel Friuli italiano, si ricostruisce prevalentemente in “rosso” e ci si lascia tentare dalla scorciatoia senza futuro degli ibridi produttori diretti: fragolino, clinton e baco.
L’annessione all’Italia si rivela una sciagura. La Grande Guerra si combatte sui vigneti del Collio. La disfatta di Caporetto, con la quale il fronte si sposta fino al Piave, causa la distruzione degli insediamenti produttivi dell’intero Friuli, e con la deportazione degli abitanti, l’abbandono delle colture. Anche la casa del nonno è distrutta per mano italiana. Una regione allo stremo non è un buon mercato e l’autarchia del fascismo che segue non aiuta: il vino, dai tempi dei Fenici diviene importante quando viaggia. Per il rinascimento del vino friulano si dovrà attendere.